Altre Chiese

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1. CHIESA PARROCCHIALE DI CRESCENTINO

Fondata nella seconda metà del secolo XIII, la chiesa parrocchiale venne dedicata alla B.V. Assunta per gemmazione della pieve di Santa Maria del Palazzo (ora santuario). Il primitivo edificio religioso occupava uno spazio notevolmente inferiore di quello attuale, poiché la piazza antistante, che fino al 1600 era dedicata ai conti Tizzoni, si estendeva oltre il sagrato. Con l’avvento del governo signorile, la chiesa assunse un ruolo, oltreché religioso, anche di incontro e di confronto sui grandi problemi che interessavano la popolazione. Durante le guerre e le occupazioni militari dal 1525 al 1555, la chiesa venne saccheggiata dei suoi arredi sacri e lasciata cadere in rovina. Ricostruita dalla popolazione, venne riconsacrata il 14 aprile 1551 con l’intervento di Ubertino Serrazio, vescovo di Cirene, come ancora oggi ricorda una lapide posta all’ingresso della chiesa stessa. Durante una delle prime visite pastorali, con decreto del 6 ottobre 1594 venne eretta in prevostura e, un secolo dopo, papa Innocenzo XII con bolla del 14 giugno 1694, l’affidò alla congregazione dei padri filippini, detto dell’Oratorio, presente nella città da qualche decennio. Essi la ressero fino al 1802, epoca in cui furono soppressi gli ordini religiosi regolari da Napoleone. Nel 1660, in seguito agli scavi fatti nelle catacombe di Santa Ciriaca in Roma, venne alla luce un sarcofago contenente le spoglie mortali di San Crescentino, “martire per la fede di Cristo”. Tali reliquie furono poi traslate a Crescentino e collocate in un’urna d’argento. Da quell’epoca il santo divenne copatrono della parrocchiale. A metà del Settecento la chiesa fu completamente ristrutturata e, per l’occasione, fu costruito il nuovo altar maggiore, arricchito dalla pala raffigurante l’Assunzione del pittore Claude-François Beaumont. Nella seconda metà dell’Ottocento furono eseguito ulteriori lavori di restauro, mentre il coro venne realizzato solamente nel 1906 su progetto dell’architetto Canetti di Vercelli. La chiesa è altresì adorna di numerose opere d’arte, fra cui il fonte battesimale ligneo, di squisita fattura barocca, l’altare di San Crescentino in marmo bianco, opera dello scultore Antonio Gaggini e alcune pregevoli tele raffiguranti la B. V. col Bambino, la Madonna del Rosario e San Francesco.

2. SANTUARIO DELLA MADONNA DEL PALAZZO

Sorta accanto ad un palazzo romano e all’antica strada Pavia-Torino, essa risulta iscritta in un codice del X secolo, riportante le primitive pievi rurali. Al popolo già evangelizzato degli Agamini, stanziato si nella zona, Sant’Eusebio inviò la sua patema benedizione, mentre si trovava in esilio a Scitopoli, nella Palestina. Durante i secoli dell’ Alto Medioevo la chiesa rimase un baluardo di fede, una piccola fiaccola di luce che non si spense mai del tutto. Da essa vennero probabilmente smembrate le pievi di Santa Maria di Saluggia e quella di San Germano di Palazzolo. Con la costruzione della parrocchia di Crescentino la pieve subì un lento ma progressivo declino. Ciò costituì il preludio alla sua retrocessione a misera cappella campestre. La distruzione dell’ antico sacello, dov’era custodito il prezioso simulacro ligneo della B.V., avvenne nel 1544 epoca in cui tutto il territorio fu occupato dalle truppe francesi. L’edificio, già abbandonato, cadde definitivamente nel 1552, quando venne assalito il castello di Verrua e con esso anche Crescentino. Ricostruita nel 1577 ad opera di Antonia Sosso detta la Bolongara (panettiera), la piccola cappella campestre rimase sede di un rettore che celebrava periodicamente la Santa Messa. L’attuale santuario risale però alla seconda metà del Settecento e l’idea della sua costruzione si deve al sacerdote e benefattore Giuseppe Maria Sagnò, il quale dal 1737 fino all’anno della sua morte, avvenuta nel 1763, si adoperò per la realizzazione di un grande santuario in onore alla Madonna assai venerata. Ma fu il suo successore, Teodoro Peruzia a portare a termine i lavori. Un avvenimento assai rilevante fu il trasporto del campanile, operato nel 1776 dal capomastro analfabeta Crescentino Serra, onde salvare sia il campanile preesistente, sia il sacello cinquecentesco. A questo venerando santuario è legata la narrazione riguardanti la principessa Placilla, che ivi trovò rifugio per aver accolto la fede cristiana nel IV secolo e il racconto del ritrovamento prodigioso della statua della Madonna, avvenuto presso la fonte, situata in fondo al vialetto della Via Crucis.

3. CONFRATERNITA DI SAN BERNARDINO

Legata in origine alla prassi cultuale dei flagellanti o battuti, la confraternita venne eretta probabilmente nella seconda metà del secolo XIII sotto il titolo di Santo Stefano, dedicazione mutata Poi in San Bernardino da Siena, quando questo predicatore itinerante passò nel vercellese. Posta nelle immediate adiacenze della chiesa parrocchiale, nel sito dove attualmente sorge l’ufficio postale, la chiesa subì gravi danni durante le occupazioni militari di Crescentino nel Cinquecento. Ricostruita fra il 1580 e il 1600 nella contrada detta dei Vianzini (via Tino Dappiano) grazie all’interessamento dei priori, ottenne da papa Gregorio XIII il decreto canonico della costituzione in sodalizio religioso. Il fatto è ricordato dall’imponente tela posta dietro l’altar maggiore, ora restaurata. La crescente capacità di attrazione della chiesa si esplicò, a partire da secolo XVII, in un intenso fervore ecclesiale e nel rilancio devozionale sotto la spinta di una organizzazione associativa più larga e meglio strutturata. Nel 1667 i confratelli realizzarono l’ampliamento della struttura ed inserirono nell’interno opere di particolare interesse artistico, come l’altare ligneo dello scultore Francesco Borrello e la pala raffigurante la Circoncisione del pittore Bartolomeo Caravoglia. Nel 1775, per ampliare la navata, il mastro da muro Crescentino Serra spostò indietro di quattro metri e mezzo l’altare e, nello stesso periodo si formò il “coro” e la balaustra di marmo. Nel 1794, durante la campagna militare della Francia contro lo stato sabaudo, la confraternita venne devastata dai soldati che la adibirono a magazzino da fieno per i cavalli. La chiesa, attualmente restaurata, costituisce un vero gioiello di arte di storia e di fede.

4. CONFRATERNITA DI SAN MICHELE

Le prime notizie della confraternita risalgono al 1569. In tale epoca la chiesa risulta già inserita in una pianta delle fortificazioni del borgo, ma è assai probabile che le sue origini siano più antiche. La tradizione popolare tardiva vuole che essa sia orientata verso mezzogiorno, per volontà degli ortolani, affinché San Michele salvaguardasse i loro terreni dalle inondazioni del Po. In essa operò la compagnia della Madonna del Carmine, fondata nel 1621, a cui nel 1666 venne aggiunta quella dell’ Angelo Custode. L’edificio si presenta a una sola navata, adorna di pregevoli stucchi, realizzati intorno al 1626. Sulla cornice longitudinale superiore si può notare l’alternanza dei nodi di Savoia, con evidente riferimento alla devozione di Carlo Emanuele L Infatti, durante l’assedio di Verrua, posto dagli spagnoli nel 1625, il duca soleva presenziare alla santa Messa in questa confraternita, tanto che lasciò ai confratelli lo speciale privilegio di poter graziare ogni anno un condannato a morte. Sotto l’arco che precede il presbiterio si trova il bellissimo stemma ligneo policromo, con le insegne araldiche di Casa Savoia, realizzato nel 1648, nel periodo di Maria Cristina. Nelle pareti laterali si trovano quattro tele di notevoli dimensioni, raffiguranti momenti della vita della Madonna, realizzate nel 1698 dal pittore Giovanni Battista Ferraris detto il Vicolungo.

5. CONFRATERNITA DI SAN GIUSEPPE

L’edificio originario risale agli inizi del Cinquecento, allorché nella contrada di Cisale (via San Giuseppe) si demolì un vecchio fabbricato per edificare una chiesa, ultimata poi intorno al 1527, in quanto, in quell’anno stesso, l’attività dei confratelli risulta già operante. Nel 1607, dopo alcune visite pastorali del vescovo di Vercelli, venne eretta la Compagnia della SS. Trinità, a cui più tardi si aggiunse quella della Misericordia, per l’attività svolta dalla confraternita nell’assistenza ai condannati a morte. Riedificata completamente fra il 1680 e il 1700 con una pianta rettangolare ritmata da semplici slarghi laterali, venne inglobato il preesistente campanile. L’interno, di grande linearità e slancio, è arricchito da due conidoi laterali, che danno l’impressione di matronei. La prima navata è sovrastata da un cupolino abbassato, nel cui soffitto si trova dipinta la SS. Trinità. Fra i quattro archi portanti sono raffigurati gli evangelisti, eseguiti nel 1876 da Carlo Martini. A sinistra l’altare della Madonna della Cintura (compagnia religiosa fondata nel 1711), collocato fra i dipinti murali di Sant’ Agostino e Santa Monica, mentre quello di destra è dedicato a San Giuseppe fra le figure di Santa Apollonia e di Santa Lucia. Di notevole valore artistico sono i dipinti situati nella parete dietro all’altare, in particolare quello a sinistra, raffigurante la Natività di nostro Signore, opera del Moncalvo. Al centro della parete l’Incoronazione di Maria Vergine, dipinto nel 1608 da Carlo Orazio Sacco, mentre a destra si trova la tela di Giovanni Battista Cairo, raffigurante San Giovanni Evangelista.

6. CHIESA DELLA RESURREZIONE

L’edificio sconsacrato, che attualmente versa in sommo degrado, fu edificato su istanza del parroco don Genuario Degregori, aiutato da alcuni privati cittadini. Agli inizi del 1700, in seguito al sensibile incremento della popolazione, la parrocchia acquistò da Angelo Francesco Pessinis, speziale e sindaco del paese, un appezzamento di terra da destinare a cimitero urbano, nella contrada detta dei Pasteri o Scaramanni (via Bena). Su tale sito, delimitato dalle fortificazioni che cingevano il borgo, si edificò intorno al 1710 una cappella detta del Suffragio, con un porticato antistante, dove, durante i funerali, sostavano i fedeli per l’estremo commiato ai defunti. Nel 1763 si edificò una chiesa, per rendere più agevoli le funzioni funebri, sotto la direzione dei fabbricieri Michele Godetti e Giuseppe Reynaud. L’autore del progetto, che operò sotto l’influsso dell’architetto Bernardo Vittone, scelse una pianta a forma rettangolare, sulla quale impostò il vano centrale ad una navata, con l’altar maggiore e due altari minori. I caratteri essenziali dell’interno consistono in una certa espressione della forma dinamica dello spazio, esaltato dallo sviluppo della copertura, con la cupola sovrastante il centro. La facciata esterna, oramai fortemente erosa, è formata da tre settori, nei quali si rispecchia una linea architettonica e decorativa essenziale. Lateralmente sono state ricavate due nicchie che probabilmente contenevano statue. Sopra il portale venne apposta una scritta, ora scomparsa, inneggiante al Cristo Risorto.

7. CHIESA DI SAN PIETRO

L’edificio, che conserva in buona parte l’architettura romanica, risale al XII secolo, epoca in cui i monaci benedettini dell’ abbazia di San Genuario dotarono di chiese i vari villaggi circostanti. Fra questi, sorgeva, presso l’attuale cimitero, un agglomerato rurale denominato Casalis Archoati, con forni e mulini. Una delle prime documentazione di questa chiesa è il privilegio concesso da papa Eugenio III il 18 maggio 1151, al quale seguirono altre testimonianze che attestano la presenza di un sacerdote, anche quando il villaggio fu abbandonato in seguito alla costruzione del borgo di Crescentino. L’ingresso è formato da un caratteristico portico appoggiato sul fronte, costituito da due archi e sorretto da un contrafforte a base aggettante, posto a sinistra, di cui l’arco laterale risulta tamponato in tempi recenti. Sulle pareti di tale ambulacro si trovano diversi affreschi in cattive condizioni, di cui uno recante l’arma blasonata del comune di Crescentino, che ne è il proprietario. L’interno, ad una navata, appare armonioso e suggestivo. L’unitarietà architettonica è anicchita dell’altare della Madonna della Tosse, ricavato in un vano laterale simile a navetta, che richiama i motivi stilistici presenti nella volta della navata stessa. La devozione popolare attribuì, per traslazione, la dedicazione alla preservazione dalle malattie respiratorie, sovrapponendosi al titolo originario di Madonna dello Spasimo, istituito da Giovanni Garrone nel 1634. Sull’altare ottocentesco si trova una pittura murale raffigurante San Pietro, opera eseguita nel 1858 dal pittore Amedeo Augero. Dietro di esso, sulla parete curvilinea dell’abside, un pregevole affresco risalente alla prima metà del Quattrocento, raffigura il Cristo in croce e ai suoi piedi la Madonna e Maria Maddalena.

8. CHIESA DELLA SANTISSIMA ANNUNZIATA

Posta sulla strada per Lamporo, la chiesa fu costruita nel 1565 a spese di Antonia Sosso, detta la Bolongara. La struttura originaria, piuttosto contenuta, era formata da una sola navata e con un altare costruito in semplici mattoni a vista. All’edificio era annessa una misera abitazione destinata ad un romito, il quale viveva francescanamente di elemosine e coltivando un orticello. La chiesa sopravvisse per oltre due secoli, fino a quando, 1’8 giugno 1810, il parroco don Giuseppe Zappelloni, constatando il degrado in cui versava, ne autorizzò la demolizione. Il 16 novembre 1821, il medico Carlo Emanuele Galimberti, appartenente ad una illustre famiglia, ne chiese la cessione gratuita del sito per costruire una chiesa a sue spese e ricavare un vialetto collegato alla strada. Da tale epoca essa fu sottoposta a iuspatronato dei Galimberti, che ne fecero la tomba di famiglia.

9. CHIESA DI SAN GIOVANNI FRAZIONE MONTE

La costruzione originaria, avvenuta in margine delle cascine di proprietà del conte Pastoris di Saluggia, risale ai primi anni del Settecento, quando gli abitanti della frazione decisero di edificare, a loro cura e spese, una chiesa in ricordo di una preesistente cappella, diventata oramai troppo piccola e non più bastante all’aumento della popolazione locale, che si era stanziata nella zona fin dai secoli del Basso Medioevo. Alla realizzazione dell’edificio religioso dedicato a San Giovanni Battista, collaborarono pressoché tutti gli abitanti, con elemosine, con la fabbricazione in loco dei mattoni necessari e con la fornitura del legname per la copertura del tetto. La facciata, piuttosto lineare, è costituita da una doppia lesena posta nelle estremità, senza alcun particolare motivo architettonico. L’interno e formato da una sola navata, divisa in due parti di cui quella quadrata, che precede il presbiterio, è coperta da una cupoletta abbassata, sorretta da quattro pennacchi sferici. A sinistra una statua di gesso, ove un ignoto artista ha liberamente immaginato l’Immacolata Concezione coi piedi appoggianti su di un piccolo drago e a destra un dipinto, olio su tela, addossato ad una tavola lignea culminante ad arco che racchiude lo spazio della nicchia, raffigurante la Madonna delle Anime, dove, nella parte inferiore, si notano appunto delle anime fra gli spasimi delle fiamme dell’inferno. Dietro l’altare formato da mattoni intonacati si trova una grande pala, olio su tela, molto deteriorata, raffigurante la Madonna col Bambino, fra San Giovanni Battista ed un’altra figura purtroppo oramai illeggibile.

10. CHIESA DI SAN ROCCO FRAZIONE CAMPAGNA

Il l0 settembre 1854, un gruppo di particolari della frazione Campagna, per scongiurare la terribile epidemia colerica che si era abbattuta nella zona, chiese al comune di Crescentino la possibilità di utilizzare un appezzamento di terra comunale per erigervi una chiesetta da dedicare a San Rocco e per collocarvi due dipinti: uno raffigurante il Beato Matteo Bottarello e l’altro la B.v. del Palazzo. Il comune accoglieva l’istanza e l’edificio venne costruito da maestranze locali accanto alla strada che taglia in due la borgata. Essa si presenta con la facciata a capanna, tipica delle piccole chiese campestri, ma assai decorosa. In alto compare la scritta: A San Rocco gli abitanti riconoscenti edificarono MDCCCLIV. A destra è posta la lapide dei caduti, mentre a sinistra è posto un piccolo riquadro marmoreo a ricordo di Angelo Allara, ucciso dai tedeschi il 7 aprile 1945. La facciata laterale destra risulta completamente restaurata nel 1983. L’interno è costituito da due campate, di cui una in funzione di navata e l’altra di presbiterio. Il soffitto a padiglione con decorazione a vela è suddiviso da un arco trionfale su cui è posta la scritta Ave Maria Piena di Grazia. L’altare marmoreo, di semplice fattura settecentesca, risulta proveniente dalla parrocchiale di Crescentino. A destra è collocato un dipinto di Sant’ Isidoro, protettore degli agricoltori e a sinistra quello di Sant’ Antonio abate. Appena dietro, in alto, un grande dipinto raffigura la Madonna Consolatrice col Bambino, fra San Rocco e il Beato Matteo da Crescentino, con una pregiata cornice lignea dorata. Alcuni ex voto adornano la parete del piccolo coro, unitamente al quadro di Sant’Orsola, dipinto da Crescentino Monateri.

11. CHIESA DI SAN DEFENDENTE FRAZIONE GALLI

L’edificio, costruito nel Settecento a cura dei contadini del luogo, è dedicato a San Defendente, il cui culto, già presente nel Roero, si era diffuso nel 1328 fra Chivasso e Casale Monferrato, con la titolazione di oratori, altari e confraternite. L’iconografia devozionale venne ripresa anche nell’antico altare della parrocchiale di Crescentino, ora collocato nell’altare laterale della confraternita di San Bernardino. La chiesa è formata da una sola navata e presenta due volte a botte, interrotte da quattro vele. Tutto l’interno è stato recentemente rinfrescato con una tinta gradevole e appropriata. Entrando a destra troviamo la statua di Sant’ Antonio da Padova e la nicchia contenente la figura di San Defendente, indossante l’abito dei soldati romani; a sinistra la statua di San Rocco e la nicchia della Madonna. L’altare, che si trovava nel centro del presbiterio, è stato spostato contro la parete del coro, ricavando così un maggior spazio per le funzioni religiose. Degna di rilievo è la pala che sovrasta l’altare, raffigurante la Madonna assisa in trono col Bambino, fra San Crescentino (a destra) e San Defendente (a sinistra). In alto, due angioletti sorreggono il manto regale. Tale dipinto, già descritto nella visita pastorale del 1737, appare strutturato alla maniera del Rinascimento ed è contenuto in una cornice lignea barocca, laccata in azzurro con volute dorate. Il campanile, coevo alla struttura, si trova sul lato sinistro dell’edificio stesso.

12. CHIESA DI SAN FRANCESCO FRAZIONE CERRONE

Edificata agli inizi del Settecento come cappella privata dei conti Scaglia di Verrua sotto il titolo di San Francesco e San Crescentino. Attorno a questi santi si sviluppò una particolare devozione collegata agli eventi bellici che interessarono il territorio durante le guerre del XVI e XVII secolo. I conti Scaglia, proprietari di tutto il tenimento, concorrevano alla manutenzione dell’edificio mediante la somma di lire 40 all’anno, mentre la popolazione locale doveva prowedere al mantenimento di un frate francescano, che viveva in povertà in un’angusta dimora, coltivando un orticello. Agli inizi del Novecento, la cappella assunse anche la titolazione della Madonna Nera d’Oropa, il cui culto prevalse sugli antichi patroni. Attualmente si presenta con la classica facciata a capanna in mattoni a vista, ove appaiono quattro lesene culminanti con un accenno di capitello che sorregge la trabeazione, sulla quale si erge il frontone. Una finestra rotonda completa la facciata conferendole un aspetto di gradevole composizione architettonica. L’impianto interno si sviluppa in una piccola navata che si conclude con lo spazio presbiteriale ancora più ridotto, probabilmente aggiunto in seguito a successivi interventi strutturali. Nella nicchia dietro l’altare è collocata la statua lignea della Madonna Nera, di fattura piuttosto recente.

13. CHIESA DI SAN ROCCO FRAZIONE PORZIONI

L’edificio, di fattura settecentesca, è legato alla particolare devozione della popolazione locale verso San Rocco, il santo taumaturgo per eccellenza. Fin dal Seicento tutta la zona fu interessata da epidemie che colpivano sia gli uomini che il bestiame. Questo genere di pestilenze, specialmente il vaiolo e il tifo petecchiale, provocavano talvolta delle vere e proprie stragi, così i contadini pensarono di costruire una cappella in onore al Santo di Montpellier, per invocare la sua protezione all’apparire delle infezioni al bestiame che provocavano prima la febbre e poi la formazione di vesciche sulla mucosa boccale o nello spazio interungueale, le quali si ritenevano portate dagli eserciti stranieri. Di qui la formulazione di solenni voti che traducevano la sensibilità religiosa privata in testimonianza associativa, come ancor oggi viene ricordato in occasione della benedizione delle case.